Testo manoscritto mai
pubblicato
Autor: Carlo Antonio
Pilati
Traduzione di Marina
Pilati.
CAPITOLO SECONDO
DELLE INFORMAZIONI. GENERALI E PARTICOLARI
Una volta che il crimine è denunciato a un magistrato, si
passa subito alle informazioni generali, per mezzo delle quali si fanno le
ricerche necessarie per scoprire la verità del fatto, per constatare il crimine
per mezzo del corpo del delitto e per isolare l'individuo che l'ha commesso
[1].
Quando queste informazioni generali forniscono degli indizi
contro qualcuno, si passa subito alle informazioni particolari che secondo la
maggiore o minore gravità del delitto, e secondo la forza o la debolezza degli
indizi, cominciano o con la cattura dell'indiziato o con un semplice avviso a
comparire di persona davanti al magistrato per rispondere del fatto di cui è
accusato.
È facile vedere che giudici corrotti possono commettere in
questa occasione delle grandi iniquità sia favorendo i colpevoli a discapito
della sicurezza pubblica, e anche degli individui che hanno ricevuto il torto,
sia procedendo contro degli innocenti come se fossero colpevoli.
Diversi popoli della Germania avevano in passato degli ottimi
regolamenti per prevenire le iniquità dei giudici in questa importante parte
del processo criminale [2].
Ma principi corrotti e giudici ancor più corrotti un po' alla
volta vi hanno apportato tanti cambiamenti, gli uni per mezzo delle loro leggi
e gli altri con l'introduzione di usi opposti, che queste antiche istituzioni
non sussistono più [3]
Queste leggi prescrivevano che i giudici da soli non potessero
nè istruire il processo nè emettere la sentenza: esse assegnavano loro un certo
numero di impiegati aggiunti che dovevano assisterli ed i giudici dovevano
tener presente il loro parere dall'inizio alla fine del procedimento: Questi
regolamenti non concernevano soltanto il processo che si teneva in città ma
anche quello che aveva luogo nei villaggi. Queste usanze trassero origine
dall'equità naturale che regnava nelle foreste della Germania [4] e i popoli ch
ne uscirono le portarono nei paesi dove si andarono stabilendo. Perciò questi
costumi dettati dalla natura si conservarono tanto a lungo in Francia ed in
Germania come si può vedere dalle leggi Saliche, dalle Ripuarie e dalle
Capitolari e dai primi scrittori di pratica giuridica della terza dinastia [5].
Ma quando i laici oppressi, maltrattati e oppressi dal clero
cominciarono a trascurare i loro antichi usi conformi alla ragione e all'equità
naturale e ad avere una cieca venerazione per il diritto canonico; allorchè
quest'accecamento portò i laici a correre dietro alla nuova giurisprudenza che
si cominciò ad insegnare nelle scuole dopo la scoperta del corpo del diritto di
Giustiniano [6], e apparvero altre opere di giurisprudenza, l'antico modo di
giudicare cadde in disuso, poichè il diritto canonico e il nuovo diritto civile
insegnavano una procedura tutta diversa [7].
Ci fu anche un'altra ragione di questa rivoluzione nella
procedura: gli aiutanti del giudice dovevano essere della medesima condizione
sociale dell'accusato: per questo furono chiamati "pari" almeno in
Francia e in Inghilterra: il loro impiego non era permanente ma finiva con il
processo in cui avevano giudicato. Questi pari dunque non erano che delle
persone che davano il loro parere secondo il loro buon senso e l'equità
naturale e secondo gli usi del luogo dove si teneva il peocesso. Perciò in
altri paesi li si chiamò anche “prud'hommes” [8].
Ora, quando cominciò a formarsi un certo tipo di procedura ed
un certo tipo di giurisprudenza, e quando i giureconsulti cominciarono ad
affollarsi nei tribunali con le loro “chicanes” [9] le loro sottigliezze, i
loro ragionamenti contorti e le loro nuove leggi che nessuno capiva, i pari ed
i "prud'hommes", che non erano che persone di buon senso che
conoscevano gli usi dei loro pari, non furono più in grado di giudicare: da
allora in poi i giudici ebbero la tendenza a giudicare da soli, proprio quei
giudici stessi che prima nella maggior parte dei paesi non facevano che
istruire il processo e pronunciare il giudizio elaborato dagli aggiunti. (cioè
dai pari). Questa nuova procedura rese i giudizi arbitrari [10] e la fece
conservare nella maggioranza dei paesi mentre solo pochi principi l'abolirono.
Principi e ministri corrotti vi trovarono il loro vantaggio: ben presto si
accorsero che niente sarebbe stato più agevole per loro che guadagnarsi un
giudice e che con questo mezzo avrebbero potuto rovinare o far morire tutti
quelli che volevano. Successivamente una pigrizia imperdonabile ma comune, la
stessa che, diffusa in tutta l'Europa, guarda con indifferenza alla nostra
legislazione civile, la peggiore che mai ci sia stata sulla terra [11], ha
lasciato radicarsi una consuetudine che leggi straniere hanno introdotto, la
"chicane" ha confermato e la corruzione ha approvato. Tuttavia,
qualche principe della Germania, colpito dalle iniquità che questa consuetudine
permetteva ai giudici di compiere, riportò in qualche modo in vita per mezzo di
nuove leggi, l'antico modo di giudicare [12].
Furono istituiti, o piuttosto reintrodotti, gli scabini [13]
(così infatti si chiamavano nei loro paesi i pari e i prud'hommes, senza il
parere dei quali i giudici non potevano più nè istruire un processo nè
giudicare [14]) che di solito dovevano essere in numero di sette: e questa
regola fu fatta tanto per le città che per i tribunali di campagna [15].
A questo punto io prego i miei lettori di voler porre
attenzione sia alle antiche istituzioni di tutti i popoli della Germania, che
al moderno ripristino di questi usi in qualche paese di questa contrada, perchè
presso di noi i giureconsulti sono delle gran bestie, che conoscono troppo poco
il mondo e gli uomini e che sono troppo attaccati alla loro routine, ai loro
pregiudizi, alle loro "chicanes" e non hanno altri lumi che quelli
della loro arte stupida e grezza e tra il resto non vedono più lontano della
punta del loro naso; ci sono, ripeto, dei giureconsulti così abbrutiti che
considerano impraticabile tutto ciò che non hanno visto praticare sotto i loro
occhi: Tornerò un'altra volta su questo argomento. Intanto rimarcherò a questo
punto che questi nuovi regolamenti non hanno avuto tutto il successo che i
principi si ripromettevano e che in qualche contrada non hanno affatto posto
rimedio a quegli abusi che avrebbero voluto cancellare, perchè non sono stati
fatti con le dovute precauzioni. I principi si sono riservati il diritto di
nominare gli scabini: li hanno gravati di questo compito a vita; in qualche
paese addirittura questa carica è stata resa ereditaria: tutti inconvenienti
che non potevano produrre che cattivi effetti. Vedremo a suo luogo le
precauzioni che si devono prendere in simili casi. D'altra parte i giudici
fecero tutto quello che poterono per sbarazzarsi dell'impaccio che loro davano
gli scabini: gli uni se li guadagnarono facendoli assumere il loro stesso
carattere, il loro modo di pensare, i loro principii, la loro routine, i loro
vizi e le loro corruzioni. E niente era più naturale perchè da quando un corpo
è permanente e le stesse persone trattano tutti i giorni gli stessi affari,
questo corpo si configura insensibilmente una sua routine, un suo certo modo di
inquadrare i problemi e di trattarli, un certo sistema e certi principi che non
abbandona più. Sono sempre i membri più furbi, più corrotti e più assuefatti ad
affari di ogni genere quelli che danno il tono agli altri. Altri giudici hanno
affettato dell'orgoglio e hanno voluto prevalere sugli scabini, prendendo arie
di autorità e di superiorità, si sono fatti un punto d'onore di non ascoltarli
e si sono ammantati della loro dignità, delle loro conoscenze e della loro
lunga esperienza. Con questi mezzi sono giunti ad istruire essi soli quasi
tutto il processo e a introdurre l'uso di non chiamare gli scabini che alla
fine della vicenda, quando non si tratta più che di emettere la sentenza sulla
base di un processo che il giudice ha avuto modo di istruire secondo la sua
fantasia. Questo disordine lo si trova altrettanto là dove l'ufficio di scabino
è a vita, non essendo stato istituito come funzione passeggera, che deve
iniziare e finire col processo per il quale il giudice e le parti abbiano
chiesto gli scabini. Oltre ad istituire gli scabini, i medesimi principi hanno
fatto anche altri regolamenti per la sicurezza degli innocenti contro gli
inganni e la corruzione dei giudici [16].
Qui farò menzione soltanto di un regolamento che io ritengo
superiore a tutti [17].
Dopo aver ordinato ai giudici di non accogliere denunce
segrete, il cui autore resti sconosciuto, ma di farsi dare, conservandolo
riservatamente in segreto, il nome del delatore per poterlo punire nel caso che
la delazione, lungi dall'essere sostenuta da qualche indizio, si trovi a sua
volta ad essere calunniosa, e infine di non procedere affatto alla ricerca
delle informazione parziali, e tanto meno decretare l'arresto di qualcuno senza
essere munito di indizi sufficienti, questi principi hanno ancora concesso
all'imputato di fermare il giudice nella sua procedura se dimostra che mancano
indizi sufficienti sia per ricercare informazioni particolari sia per
l'arresto: e per provarlo è permesso all'imputato di scegliersi un avvocato,
che ha diritto di prendere visione del processo verbale del giudice, delle
deposizione dei testimoni ascoltati fino a quel momento e infine di tutte le
parti del processo che giudica necessarie alla difesa del suo cliente [18].
Non sono entrato in questi dettagli, che sono puramente
storici, se non per preparare in qualche modo i miei lettori a considerare con
minore prevenzione le cose che mi accingo a dire nei capitoli seguenti, perchè
l'abitudine che c'è nella maggior parte dell'Europa di vedere tutti i giorni
mettere in pratica delle barbarie del tutto contrarie a queste ordinanze piene
di equità e di umanità, può lasciare negli animi più sensibili ed inclini a
seguir una riforma generale, dei pregiudizi contro ogni specie di cambiamento
che un singolo potrebbe immaginare in dettaglio, dato che queste riforme si
allontanerebbero un po' troppo a loro avviso dalla pratica ordinaria [19].
Aggiungerò ancora a tutto ciò che sto per dire che prima della
pratica criminale immaginata e introdotta dai tribunali ecclesiastici non ci fu
mai un legislatore così brutale o una nazione così incivile che si siano
trovati nelle loro leggi o consuetudini la pur minima traccia di una procedura
simile alla nostra. Saremo dunque noi soli ad aver avuto la fortuna di trovare
la miglior maniera di procedere? perchè è la più ingiusta, la più crudele la
più adatta a far dire ai testimoni tutto ciò che il giudice vuole, e a far
tendere ogni sorta di trappole all'imputato. Saremo noi i soli ad aver
rinvenuto ciò che è giusto, noi che questa procedura l'abbiamo adottata nei
tempi della nostra massima barbarie? Saremo noi i soli che con una procedura
che è l'opposto di quella di tutte le altre nazioni dei tempi passati ci
troveremo nella via della natura, della giustizia, dell'equità, dell'umanità
perchè furono i preti dei secoli barbari ad additarcela?
Il modo di procedere negli affari criminali che gli Inglesi
osservano attualmente [20] non si accorda soltanto con la pratica che prima
dell'introduzione del diritto canonico era in uso presso tutte le nazioni
conosciute, ma anche con quelle degli antichi Greci e Romani.
A Roma le leggi che istituivano le questioni permanenti [21]
regolavano anche il numero dei giudici che dovevano giudicare le accuse
riguardo ai crimini per i quali queste leggi erano state fatte. Questi giudici
erano tirati a sorte, o erano scelti da accusatore ed accusato. La legge
Servilia, per esempio, che era stata fatta contro la concussione, stabiliva che
tra quattrocentocinquanta giudici iscritti nella lista del pretore,
l'accusatore ne nominasse cento tra i quali l'accusato ne poteva ricusare
cinquanta e che veniva giudicato dagli altri cinquanta [22].
Ci furono altre leggi
che fissarono il numero dei giudici in 32, 51, 65 ecc. e che permettevano
all'accusato di ricusarne un certo numero e un certo altro numero
all'accusatore stesso.
I testimoni erano ascoltati, tanto presso i Greci che presso i
Romani, in presenza di tutti i giudici e dello stesso accusato; ciascuno lo
poteva interrogare al suo turno e l'abilità delle due parti, o dei loro
avvocati, brillava soprattutto nell'accortezza con la quale, dai diversi
dettagli, sapevano trarre la verità. Oggi in Inghilterra si osserva press'a
poco la medesima procedura. Ora, come è possibile che ciò che misero in pratica
gli antichi, cioè tra gli antichi le due stesse nazioni più civili e più
illuminate del mondo, ciò che successivamente praticarono le nazioni che si
divisero i territori prima soggetti all'impero romano, ciò che oggi praticano
gli Inglesi non sia possibile praticarlo nelle altre nazioni d'Europa?
Saggi iureconsulti [23] hanno dimostrato che questa pratica
assurda ed ingiusta delle nazioni moderne deriva dalla crudele finezza delle
leggi canoniche e dalla stupidità ottusa di questi bruti ignoranti del
tredicesimo e quattordicesimo secolo che si definirono giureconsulti. Queste
bestie, avendo letto nella legge 14 C. De Testibus che si doveva ascoltare il
testimone "in secreto" credettero che significasse segretamente e non
nella cancelleria, nella segreteria, come è evidente che deve intendersi [24].
Allo stesso modo non comprendendo il greco della novella 90,
cap. finale, ed essendo stata fatta male la traduzione, questa gente credeva,
fidandosi del traduttore, che le parti dovessero solo veder giurare i
testimoni, mentre la legge dice che essi devono assistere al loro esame. Non
pretendo certo che il giudice non possa procedere alle informazioni particolari
e all'esame dei testimoni che sotto gli occhi ed in presenza dell'accusato.
Sarebbe assurdo e pericoloso, inoltre questo procedimento sarebbe praticabile
solo nel processo accusatorio e ad istanza solo dell'accusatore, come nell'ingiuria
verbale o nella causa d'adulterio. Ecco invece quello che io propongo:
1° che bisogna rimediare nei limiti del possibile all'abuso
risultante dalla moderna pratica dei giudici che ricevono, soli col
cancelliere, le deposizioni dei testimoni.
2° che da quando l'imputato è nelle mani del giudice nessun
testimone possa più essere ascoltato che in presenza dello stesso. Questo è
l'argomento che svolgerò meglio in seguito.
Note
________________________
[1] - Si tratta del procedimento segreto in uso a partire dal
XIV sec. che Montesquieu così riassume (Esprit, XXVIII, 34, vol. II, p. 262,
ed. cit.): "Les interrogatoires, les informations, le récolement, la
confrontation, les conclusions de la partie publique", citando tra le
altre fonti il Beaumanoir, cui fa riferimento più avanti anche il P. (n.d.R.)
[2] - Si allude alle leggi Ripuarie, Saliche e Capitolari che
escludevano il giudice unico (Cfr. Montesquieu, Esprit, L. XXVIII, c. I. p.
207, vol. II. ed. cit.)
[3] - Per il P. il potere legislativo è diviso tra il sovrano
(le leggi) e il giudice (le consuetudini). (n.d.R.)
[4] - Lehmann Chron. Spir. L. 7 c. 41. Heinecc.
Elem. Iuris Germ. L. I § 74, Pufendorf De Juris. Germ. Par. 1. c. 3. § 9. - (n.d.A.)
Non noto il Lehmann, che non è un giurista; S. Pufendorf,
(1632-1694) famoso giusnaturalista, autore di opere di grande importanza tra le
quali "De jure naturae et gentium ", "De officio hominis et
civis". (n.d.R.)
[5] - Beauman. c. 61, pag.
315 et 316 et c. 67 p. 336 - (n.d.A.)
Tutto il passo comprese le
citazioni è tratto dal c. XXVII de L' èsprit des lois, (Vol. II, p. 240 segg.
ed cit. ): "Ainsi se perdit l'usage, constantement observé dans la
monarchie, q'un juge ne jugeait jamais seul, comme on le voit par les lois
Saliques, les capitulaires et par les premier écrivains de pratique de la
trisième race" (Citazione di Beaumanoir, Etablissements, L. II. ch. XV) Beaumanoir Philippe, giureconsulto francese, nasce nel
Beauvaisis verso la metà del se. XIII, muore nel 1296. Il suo
"coutumier" fu pubblicato solo nel 1690, sotto il titolo Coutumes de
Beauvaisis. L'opera è lodata nell'Enciclopedia ( V: Langlois) e da Montesquieu,
Esprit, XXVI, 15, Vol. II, p. 185 ed. cit. ) Le tre " races" sono i
Merovingi, i Carolingi e i Capeti ai primi sono attribuite le leggi Saliche e
Ripuarie, ai secondi le Capitulaires (distinte in sezioni e in capitoli)
(Esprit, XXVIII, 42, p. 277 vol II ed cit.) (n.d.R.)
[6] - "Le Digeste de Justinien, ayant été retrouvé vers
l'an 1137, le droit romain sémbla prendre une seconde naissance"
(Montesquieu, XXVIII, 42. ) Il P. allude agli studi sulla compilazione di
Giustiniano iniziati nel sec XIII, cfr. Ragionamenti intorno alle leggi
naturali e civili, Venezia 1766, p. 44. " Siccome si studiano le cose
complicate e non le semplici, ecco lo studio delle leggi romane a partire da
Irnerio, [...] Rovina della disciplina legale gli infiniti commenti a queste
leggi. (n.d.R.)
[7] - La trasformazione procedurale che il P. qui presenta
criticamente, è illustrata in modo acritico da Montesquieu, Ésprit, XXVIII, 34,
vol. II, p. 262: "Dans la suite, il s'introduisit une forme de procéder
secrète [...] La première forme de procéder convenait au governement d'alors,
comme la nouvelle était propre au governement qui fut établi depuis".
(n.d.R.)
[8] - cfr. Montesquieu, op. cit. XXVIII, 42, vol. I, p. 275:
"IL y avait, du temps de Beaumanoir, deux diffèrentes manières de rendre
la justice. Dans
des lieux, on jugeait par pairs, dans d'autres on jugeait par baillis. Quand on
suivait la première forme, les pairs jugeaient selon l'usage de leur
jurisdiction; dans la seconde c'étaient des prud'hommes ou veillards qui
indiquaient au bailli la mème usage: Tout ceci ne demandait aucunes lettres,
aucune capacité, aucune étude." (n.d.R.)
[9] - Termine vagamente spregiativo per indicare i cavilli
usati dagli avvocati. (n.d.R.)
[10] - Qui il P. è originale: l'arbitrarietà è una conseguenza
del giudice unico. Per gli altri studiosi di diritto criminale, l'arbitrarietà
è dovuta alla mancanza di leggi fisse (cfr. Montesquieu, op. cit. XI, 14, vol.
I, p. 188 e Beccaria, Dei delitti e delle pene, ed. cit. p. 17 e p. 21.
(n.d.R.)
[11] - La riforma della legislazione civile è il tema
dominante delle opere del P. cfr. in particolare Di una riforma d'Italia.
(n.d.R.)
[12] - cfr. Montesquieu, op. cit. L. XXVIII, 42, vol. II, p.
277: "L'abus contraire, qui n'a lieu que dans les justices locales, a été
modéré, et en quelque façon corrigé, par l'introduction en plusieurs lieux d'un
lieutnant du juge, que celui ci consulte, et qui rprésente les anciens
prud'hommes." (n.d.R.)
[13] - èchevins ovvero schiavino, scavino: cfr J. Declreuil
Histoire générale du droit français Paris, 1925, p. 125: "Les rachimburgi
ou boniviri, choisis jadis pour chaque affaire, furent remplacès par des
"scabini" (échevins) investis a titre permanent des mêmes fonctions
par les missi ou les comptes et seuls tenus désormais d'être présens aux
assises judiciaires. Ils siéglaient au nombre de sept ou de douze. La
permanence de leur charge tendit à les transformer en véritables jugeurs."
Battaglia. S: Grande Dizionario della Lingua Italiana, vol. XVII, p. 723:
"Dopo la costituzione dell'Impero Carolingio, ciascuna delle persone
considerate fra le più idonee, per onestà, prudenza, conoscenza del diritto
consuetudinario locale, che venivano scelte dal re o dall'imperatore in numero
di 7 o 12 con funzione di assessori al magistrato per dare consigli e formulare
la sentenza: essendo la loro presenza richiesta dai capitolari imperiali
diventarono veri e propri giudici, benchè le sentenze fossero formalmente atto
del conte o del messo che presiedeva il giudizio." Muratori L. A., 7, I, -
143: "Oltre a questi giudici, già dicemmo che intervenivano a questi
giudizi anche gli scabini o sia gli scavini, il nome dei quali dura tuttavia
nella Germania, in Francia e in altre contrade d'Europa." (n.d.R.)
[14] - voy. Brummer Chap. (n.d.A.)
Brummer è citato con Merillio, Eraldo e Averanio, tra
"gli autori più savi e celebri" che non possono mancare nella
biblioteca del giurista (P. Ragionamenti intorno alla legge naturale e civile,
Venezia, 1766, cap. II) Nelle città dovevano essere scelti tra i borghesi e nei
paesi tra gli abitanti degli stessi. (n.d.R.)
15] - Idem loc. cit. §14
et suiv. (n.d.A.)
[16] - Ludovici ad art.
Constitut. Car. 84. 86. 92. 93. Kayser Prax. Crim. P. I. c. 10. § 4. Volkmann. Emend. Part. 2. c. 10 (n.d.A.)
Probabile riferimento a Ludovico Antonio Muratori, Dei difetti
delle giurisprudenza (1742) capp. I, III e XIV che il P. tiene sicuramente
presenti, come si vede dalla coincidenza anche del linguaggio. Kayser e
Volkmann non noti: si direbbero compilatori ad uso scolastico o pratico. La
nota precedente non ha riferimento nel testo. (n.d.R.)
[17] - Institutio Criminalis
di Brunswick-Lùneburg. (n.d.A.)
[18] - Crim. Instruct.
Brunsvic. Lùneb. ch. 4. §26. Meister Princ. Jur. Crim.
Sect. 3. c. 7. (n.d.A.)
Al Principe di Brunswick il P. dedica L'esistenza della legge
naturale. Meister, Principia juris criminalis germanice communis, Gottingae,
1774, si trova in BcTn 2467 (Elenco libri di casa Conci-De Brattia) (n.d.R.)
[19] - Passo contorto, che però rende bene le caratteristiche
non rivoluzionarie del P. riformatore: particolari moderni in uno schema
immutato. (n.d.R.)
[20] - Fonti dell' informazione del P. sul diritto inglese,
oltre a Montesquieu, Ésprit, cit. VI, 4. p 85, vol I., sono anche l'abate
Millot, Stato presente della nazione inglese e Éléments d'histoire générale,
entrambe opere presenti nell'elenco BCTn 2467. (n.d.R.)
[21] Anno 604 a. C.; citate da Montesquieu, op. cit. L. XI,
cap. 18, p. 196, vol I. (n.d.R.)
[22] - Nelle Quaestiones perpetuae si viene a configurare
legislativamente la costituzione di una giuria giudicante in caso del crimen
repetundarum. Secondo Livio la prima di queste giurie, organizzata da un
pretore e costitutia da 5 recuperatores tutti senatori, risale al 171 a. C. Le
parti lese potevano scegliersi un patrono. La Lex Servilia (in realtà sono due:
Lex Servilia Caepionis, (106?) e Lex Servilia Glaucia (101?) sembra trasferire
la legittimazione all'accusa dal diretti danneggiati ad ogni cittadino romano
(cfr: A. Burdese, Manuale di diritto pubblico Romano Torino, 1982, pp. 244-245
(n.d.R.)
[23] - Chiara l'allusione a Voltaire. (n.d.R.)
[24] - Cfr. Voltaire, Commentaire sur le traité des Délits et
des Peines (Scritti politici, Torino 1964, p. 644): "Da noi tutto si fa in
segreto. Un solo giudice, col suo cancelliere, ascolta uno dopo l'altro i
testimoni. Questa pratica, stabilita da Francesco I fu autorizzata dai
commissari che redassero l'ordinanza di Luigi XIV nel 1670: Soltanto un
equivoco ne fu la causa. Si pensò, leggendo il codice "De testibus"
che queste parole "testes intrare judicii secretum" significassero che
i testimoni erano interrogati segretamente. Ma "secretum" significa
qui la studio del giudice. "Intrare secretum" per dire parlare
segretamente, non sarebbe latino. Fu un solecismo che fece questa parte della
nostra giurisprudenza. (n.d.R.)
CARLO ANTONIO PILATI
Plan d’une législation criminelle
Piano d'una legislazione criminale
Trascrizione dal manoscritto e traduzione dal francese
di Marina Pilati
Pe gentile concessione della prof.ssa Marina Pilati
Edizione di riferimento:
Carlo Antonio Pilati, Plan d’une législation criminelle, testo
manoscritto mai pubblicato, traduzione di Marina Pilati.
CAPITOLO PRIMO [1]
DELAZIONI, ACCUSE e PARTE PUBBLICA.
La storia dell'umanità ci fa conoscere l'uso e l'abuso che un
popolo può fare delle delazioni dei crimini, a seconda delle diverse
consuetudini conseguenti alle differenti rivoluzioni per le quali via via è
passato [2].
Nei primi tempi della repubblica di Roma non esistevano
processi criminali senza accusatori. A quei tempi a Roma i costumi erano così
onesti che non si pensava nemmeno che i cittadini, pieni di zelo com'erano,
potessero permettere che un crimine restasse impunito o che cercassero di
danneggiare un concittadino per mezzo di un'accusa ingiusta. In seguito la
morale peggiorò e allora si cominciò ad avere meno orrore per i crimini e meno
zelo nella denuncia dei criminali. Fu necessaria l'istituzione di apposite
magistrature per la denuncia dei crimini dei quali si fosse venuti a conoscenza
[3].
Inoltre si incaricarono gli edili curuli in particolare affinchè
vegliassero sulla moralità delle donne e deferissero i criminali al popolo [4]
- [5].
Ma poichè, nonostante queste istituzioni, tutti quanti erano
liberi di accusare i criminali, anticipando i pubblici ufficiali, la moralità
corrotta produsse ben presto dei calunniatori, quindi i Romani quasi
contemporaneamente furono obbligati a stabilire severe pene contro la piaga
nascente dei falsi accusatori [6].
Più si corrompeva il senso morale e più aumentava il numero
degli accusatori e dei calunniatori. La corruzione fece proseliti persino tra
gli stessi giudici, che non mettevano più in pratica le leggi promulgate contro
i falsi accusatori. Quando furono istituite a Roma le "questioni
permanenti" [7]. Tutti quanti erano generalmente così corrotti e malvagi,
prodighi dei loro beni ed avidi di quelli degli altri, che i cittadini più
considerati, i magistrati che ricoprivano cariche pubbliche, quelli più
rispettati, spesso non traducevano i loro concittadini davanti al pretore che
per farsi un nome, o per acquistare ricchezze, gli atti d'accusa essendo
diventati una via sicura per accedere alla notorietà ed agli incarichi e per
accumulare ricchezze. Questo malcostume dilagò senza limiti nel periodo
imperiale. Sotto gli imperatori lo stato aveva bisogno di delatori per
reprimere i crimini, il dispotismo ne aveva bisogno per sterminare i partigiani
dell'antica libertà; ne aveva bisogno l'avidità del sovrano per far passare i
beni dei ricchi nella cassa del principe. Si allettavano gli accusatori con
forti ricompense, attribuendo loro una parte dei beni confiscati, ed elevandoli
alle alte cariche dell'impero. A questo punto si metteva a fare il delatore di
mestiere chiunque avesse un'anima meschina e fosse ambizioso e desideroso di
ricchezza. Ma in seguito ci furono imperatori che, inorriditi di tali pratiche
infami, fecero delle leggi per restaurare i diritti fondamentali dell'uomo:
impedirono l'esercizio dell'accusa a certe categorie di persone e condannarono
i falsi accusatori al risarcimento dei danni e delle offese. Infine si giunse a
stabilire che chi avanzasse davanti al giudice un'accusa capitale, dovesse
essere custodito in prigione come l'accusato fino alla fine del processo,
affinchè gli si potesse applicare la pena del taglione in caso che ne fosse
dimostrata la falsità o l'avventatezza [8] - [9].
Nelle nostre leggi e consuetudini tutto ciò è cambiato. Le
leggi canoniche che nei secoli barbari sono state adottate in tutta l'Europa e
delle quali resta ancora qualche traccia anche nei paesi dove sono state
abolite, furono invenzione certo più perniciosa e più tirannica di quanto non
fossero quelle dei tiranni di Roma, di Tiberio, di Nerone, di Caracalla. Andate
nei paesi dove quest'obbrobrio è radicato [10] e ne sentirete tutto l'orrore
|ma che dico? andate anche solo nelle città delle sue province e voi vedrete
che generale sfiducia vi regna, come un sentimento un po' libero| [11] su
qualsiasi argomento tranne le donne i vizi e la villania faccia tremare tutti
quanti; come un uomo di maschia virtù e d'anima nobile sia evitato, a causa dei
rischi cui si espone lui stesso e che può far correre agli altri; come tutti
quanti si defilino e ognuno finchè è là nasconda i propri pensieri e non osi
manifestare pubblicamente, nè ai suoi conoscenti e neppure ai suoi stessi amici,
le sue vere convinzioni, se non su cose futili e volgari.
| È provato che il male peggiore è dove queste consuetudini
abbominevoli sono state portate all'eccesso, cioè a Venezia e tra i Veneziani.
Ma i disordini che la pratica delle denunce segrete causa laddove è radicata,
non smette di essere intollerabile| [12]
Mi dilungherei troppo se volessi specificare tutto: perciò non
farò menzione che di due inconvenienti che sono i più comuni: primo, questa
pratica ha ovviamente introdotto l'abuso di attribuire al delatore due funzioni
incompatibili, che la ragione, l'equità e tutte le leggi del mondo hanno
separato; infatti il delatore ha la funzione di accusatore: e poichè gli è
permesso di stare nascosto e di non dare il suo nome, il giudice, che ha
bisogno di prove, gli fa assumere anche la funzione di testimone: Questo
comportamento è talmente diffuso che i criminalisti prescrivono di non fare mai
attenzione alla deposizione del primo tra i testimoni perchè è ritenuto essere
il delatore. Il secondo inconveniente è che per questa istituzione ogni
sciagurato può impunemente minacciare tutti quanti, e che anche le persone più
virtuose non possono difendersi dai calunniatori, finchè costoro sono sottratti
ad ogni ricerca e ad ogni punizione. Non parlerò qui delle vergognose
irregolarità che questa pratica provoca nei tribunali dell'inquisizione È
inutile perdere il tempo a riformare quest'infernale invenzione: non di una
riforma c'è bisogno ma del suo totale annientamento. [13]
I nostri antenati [14] non furono affatto d'accordo di
piegarsi a questa invenzione indegna delle denunce segrete ma piuttosto
preferivano battersi [15] contro coloro dai quali avessero ricevuto qualche
torto piuttosto che cercare di danneggiarli di nascosto. I loro costumi e la loro
giurisprudenza li portava a definire le loro divergenze con onore, con
franchezza e con coraggio, Invece le leggi canoniche e la nuova giurisprudenza
non prescrivevano che bassezze. [16]
Ma il clero riuscì a guadagnarsi i principi, che stabilirono
delle pene severe contro coloro che ingaggiavano combattimenti e contro i
giudici che li permettevano. Da quel momento la maggior parte dei gentiluomini,
abituati all'antico modo di pensare, preferirono digerire l'ingiuria e
dimenticare il torto subito piuttosto che denunciare bassamente in segreto.
Questa magnanimità e nobiltà d'animo dei privati portò finalmente i principi ad
escogitare un'altra via per far giungere ai giudici la notizia dei delitti e
per scoprirne gli autori. In tutti gli stati furono istituiti dei pubblici
ufficiali che vennero chiamati procuratori generali, che dovevano vegliare
sulla pubblica sicurezza, esercitare l'accusa davanti ai magistrati e
perseguire i malfattori. [17]
Giacomo II, re di Maiorca, fu uno dei primi a istituire questa
carica [18].
Il Signor di Montesquieu trova quest'ufficio ammirevole [19].
«Noi abbiamo oggi una legge ammirabile - egli dice - è quella che stabilisce
che il principe, il quale ha il compito di fare eseguire le leggi, prepone a
ciascun tribunale un magistrato, per perseguire a nome suo tutti i crimini; di
modo che la funzione dei delatori da noi è sconosciuta e se questo pubblico
vendicatore fosse sospettato di abusare del suo ufficio, sarebbe obbligato a
dire il nome del suo accusatore". Ma se questo pubblico vendicatore abusa
del suo ministero nascondendo i crimini |delle sue donne|, dei suoi amici, di
coloro che egli teme, di quelli che lo corrompono, di quelli dai quali spera di
ottenere qualcosa, di coloro che godono della sua protezione, di quelli che gli
sono raccomandati da una donna o da una persona potente, chi potrà rimediare
alla sua negligenza e alle sue prevaricazioni? Mi si può dire che lo si
cambierà. Ma se egli è in buoni rapporti con i giudici, se se la intende col
magistrato principale, se a corte ha potenti protettori e se questi protettori
sono proprio coloro che più abusano del suo ufficio; se egli è sufficientemente
ipocrita, mostrando al di fuori un grande zelo per scoprire certi criminali e
in segreto facendo tutto il possibile per sottrarli al riconoscimento dei
magistrati, che mai potrà fare per loro la “pubblica vendetta”? »
Pochi sono corrotti da pochi, dice benissimo il Machiavelli
[20] - [21], ed uno solo ancora più facilmente ed impunemente è corrotto anche
da una sola persona. Questa istituzione può essere buona in Francia ed in
quelle fortunate contrade dove quella che è comunemente chiamata "gente
onesta", i gentiluomini, è ancora generalmente onesta [22].
Ma io conosco molto bene altri paesi, dove questa gente non si
incontra più. Là un giudice passerebbe addirittura per maleducato se non si
piegasse alle preghiere delle persone importanti, delle signore della buona
società, dei prelati, dei potenti, |o addolcendo i rigori della giustizia a
favore di un colpevole, e anche nel caso che si esiga da lui che non faccia
giustizia o che la faccia male|.
Senza dubbio è per queste considerazioni che i popoli
meridionali dell'Europa stentano ad introdurre l'ufficio di procuratore del
fisco o del principe. Presso questi popoli io preferirei lasciare ai giudici la
ricerca e la punizione dei criminali, proprio perchè un giudice ha più
interesse dei procuratori pubblici a perseguire e debellare i criminali, dal
momento che è un suo diritto e anche per riguardo al suo onore.
Un procuratore pubblico si dà poca pena di istruire un
processo, perchè pensa che tutti quanti ritengono essere questo un compito più
del magistrato che suo: ma per il giudice è diverso: infatti se è costretto a
dichiarare innocente un uomo che ha lungamente inquisito e trattato come un
colpevole, sa bene che tutti l'accuseranno di leggerezza, di precipitazione, di
imprudenza o di ignoranza per non dire di peggio, secondo la fantasia e le idee
di ciascuno.
In altri paesi, come per esempio quelli della Casa d'Austria,
si è icaricato di perseguire i crimini sia la parte pubblica che il giudice
stesso, affinchè, se uno vien meno al suo dovere di denunciare o perseguire,
l'altro lo supplisca [23].
Io approvo in pieno questa risoluzione. Ne deriva ancora un
altro beneficio: se il giudice per arrivare al suo scopo mette in opera degli
artifici illegali, il procuratore non può fare a meno di rilevarli, per non
essere sospettato di negligenza nell'esercizio della sua funzione, se il giudic
è il primo a nascondere dei crimini o delle prove che il procuratore avrebbe
dovuto conoscere anche prima di lui in virtù del suo ufficio, per non essere
accusato di connivenza se mai si giungesse a scoprire la disonestà del
magistrato. Dopodichè che necessità ci potrà ancora essere di permettere ai
privati di farsi accusatori di ogni genere di crimini e contro ogni sorta di
delinquenti?
Il Sign. di Montesquieu sembra essere dell'avviso che un tale
diritto risulti permesso negli stati repubblicani e proibito invece nelle
monarchie. ”A Roma - egli afferma - era permesso ad un cittadino di accusarne
un altro; e questo era stabilito, secondo lo spirito della repubblica, dove
ogni cittadino deve avere per il bene pubblico uno zelo senza ostacoli. Ma le
leggi della repubblica vennero conservate anche sotto gli imperatori e perciò
si vide venir fuori un genere funesto di individui, un esercito di delatori.”
[24]
Ma la folla dei delatori sarebbe stata così grande e si
sarebbe così accanita contro gli altri cittadini se gli imperatori corrotti non
l'avessero provocata con tutte le gran ricompense che andavano promettendo, e
con quelle, anche maggiori, che effettivamente elargivano? Quando queste
ricompense cessarono sotto gli imperatori migliori, la smania di accusare era
già troppo estesa, troppo radicata e protetta nelle mani dei giudici corrotti
per non dover durare ancora per lungo tempo. Il Codice Teresiano ha abolito
completamente le accuse private, perchè vi si afferma [25] che l'esperienza ha
mostrato che gli accusatori si comportano più con passione che con raziocinio,
con più accanimento che onestà, oppure si lasciano corrompere dagli accusati
sopprimendo le prove di un crimine la cui punizione è nell'interesse della
società. Io credo che è bene permettere le accuse private, con certi limiti.
Pochi sono i giudici così pienamente e costantemente onesti, che l'odio o il
pregiudizio o una mala disposizione nei confronti dell'offeso oppure una
raccomandazione, un attimo di compassione mal riposta, la speranza di ottenere
qualcosa o mille altri motivi, non li spingano qualche volta a favorire un
colpevole a svantaggio di chi abbia ricevuto il torto. Proprio per questa
considerazione io permetterei di accusare sia civilmente, per il risarcimento
del danno, che penalmente per l'inflizione della pena per ogni torto fatto: 1°
all'accusatore, 2° ai parenti prossimi dell'offeso supposto che questo non sia
in grado di accusare egli stesso o per problemi di sesso o di età o di capacità
intellettiva o perchè non presente in tribunale o per altri motivi simili |ai
parenti più prossimi di colui che accusa, supposto che costui non sia in stato
di poter accusare di persona, per esempio se è un bambino, un minorato o una
donna| Non sarà necessario a mio avviso che l'accusatore sostenga l'accusa fino
alla fine perchè se il crimine è di interesse pubblico il giudice può
continuare di sua iniziativa a perseguirlo, considerando l'accusatore come un
semplice denunciatore: e quando al contrario il delitto non interessa che
l'accusatore, come nel caso di semplice ingiuria, il magistrato non ha che da
condannare al risarcimento del danno. Bisogna dunque che fin dall'inizio
l'accusatore si obblighi alla riparazione delle spese e dei danni, con
l'ipoteca dei suoi beni, se ne ha, o in mancanza di beni, sotto sufficiente
cauzione presentata da un altro. È anche giusto che se l'accusa viene
riconosciuta come calunniosa e destituita da ogni fondamento, l'accusatore sia
punito nel modo che dirò a luogo opportuno.
I compilatori del Corpo delle Leggi di Giustiniano furono
veramente degli insensati: da un lato inserirono in questa compilazione le
leggi antiche che non permettevano l'accusa di furto o di rapina se non da
parte del derubato [26]; d'altra parte vi hanno anche inserito le leggi
recenti, le quali permettono praticamente a tutti di portare l'accusa per reati
che sono nello stesso tempo di minor interesse pubblico ed anche meno
importanti. Per esempio in queste leggi novelle è permesso ad ognuno di
accusare colui che avrà violato la tomba di un privato cittadino [27], mentre
che è proibito dal medesimo corpo di leggi di accusare di furto o di una rapina
tra le più gravi, a meno che l'accusatore non sia la medesima persona che ha
ricevuto il torto [28]
Da tutto ciò consegue che l'accusa formale deve essere
permessa nei due casi che ho indicato sopra, e che negli altri casi deve essere
permesso ad ognuno di denunciare quei crimini che direttamente o indirettamente
interessano la società sia che nello stato esistano i procuratori generali, sia
che questa carica non sia istituita. Vi sono solo due reati che debbono essere
sottratti ai delatori e che non debbono giungere davanti al giudice se non per
mezzo della voce dell'accusa: essi sono l'ingiuria verbale e l'adulterio, come
spiegherò al luogo opportuno.
Il delatore avrà l'obbligo di presentarsi di persona al
giudice o al procuratore del fisco: se ha delle ragioni valide per non venire
personalmente, assenza o malattia, sarà comunque tenuto a scrivere al giudice o
procuratore, firmando la sua lettera. Ma il nome del delatore dovrà essere tenuto
nascosto per sempre, a meno che l' istruzione del processo non dimostri che la
delazione era calunniosa [29].
In questo caso sarà
necessario che il giudice o il procuratore rivelino il nome del delatore,
affinchè possa essere condannato al risarcimento dei danni e punito.
Il rispettabile autore del trattato Dei Delitti e delle Pene,
vuole al contrario che l'accusato possa sempre conoscere il suo delatore [30].
“Perchè mai nascondere - si domanda quest'autore - il nome del
delatore all'imputato? Forse per la sua (del delatore) sicurezza? Le leggi -
egli dice - non lo difendono dunque abbastanza. Vi sono allora dei soggetti più
potenti del sovrano e delle leggi?” Certamente, le leggi non lo difendono
sufficientemente, perchè non esistono leggi contro le persecuzioni nascoste,
contro le insidie della calunnia, contro cabale ed intrighi: e certamente ci
sono dei soggetti più potenti delle leggi, perchè ci sono soggetti che sanno
eluderle con i loro artifici, e perchè i depositari delle leggi sono pur sempre
degli uomini che hanno le loro debolezze e che quindi possono essere
influenzati da chi li conosce bene. Senza dubbio le leggi dovrebbero essere più
potenti dei cittadini: ma poichè servono uomini per giudicare i fatti secondo
le leggi e poichè ancora servono uomini per applicare queste leggi, ci sono
tanti di quei modi per i cittadini di sottrarsi al potere delle leggi quanti
sono i capricci, le passioni, i vizi, le debolezze di coloro che hanno il
potere di giudicare e di coloro che hanno il potere di eseguire [31].
Quando un delatore deve temere di essere lui stesso trascinato
in giudizio, se denuncia falsamente un uomo, sia per calunnia, oppure anche
solo per leggerezza e imprudenza, quando non può gettare un biglietto segreto
in un tronco cavo [32], ma si deve presentare di persona e non gli è permesso
di scrivere al magistrato se non firmando col suo nome, se buone ragioni lo
dispensano dal venire di persona, quando il magistrato dimostra di tenere
d'occhio allo stesso modo il delatore e l'imputato ed è pronto a rendere
giustizia all'uno come all'altro, non si hanno più da temere i lugubri effetti
prodotti dalle denunce segrete, quando tutto invita a denunciare: la comodità
di nascondersi dietro un biglietto anonimo, quella di gettarlo nel tronco, la
facilità di poter eseguire una vendetta, di dare soddisfazione all'odio, di
rendere un rivale sospetto ai suoi superiori, se egli è innocente o di
rovinarlo senza rischio se è già sospetto. Insomma è lo spionaggio, sono le
lettere e i biglietti anonimi che divengono funesti per la società, non le
delazioni di coloro che si nascondono solo allo spirito di vendetta mentre si
rivelano a colui che può essere egualmente temibile al delatore ed
all'accusato.
In molti paesi c'è un ottimo regolamento al riguardo: in tutti
i centri abitati, anche i più piccoli villaggi si istituisce un ufficiale che è
obbligato a deferire tutti i crimini ed i criminali del suo distretto che
giungono alla sua conoscenza [33].
In questo modo il magistrato che ha sede solo nei centri
principali, è subito informato dei reati commessi nei villaggi della sua
giurisdizione anche di quelli dei quali nessun altro si fa delatore o
accusatore. Resta solo da impedire a questi ufficiali di farsi carico di accuse
controverse da parte di qualche individuo disonesto e proprio per questo
bisogna obbligarlo a nominare le persone informatrici del delitto e ad indicare
tutti i dettagli che sanno. Io trovo (chi lo potrebbe credere?) in un codice
pubblicato per ordine della più umana delle sovrane, nel codice di Maria
Teresa, una legge che è estremamente dura [34].
È quella che obbliga, sotto la minaccia di pene severe, tutti
i sudditi a denunciare un crimine che merita una pena corporale o capitale del
quale siano a conoscenza, non solo dopo che è stato commesso, ma persino prima
che sia stato commesso. Essendo la legge così importante, le riflessioni si
presentano in folla: mi limiterò ad alcune che riporto di seguito.
Si commettono frequentemente dei delitti sotto gli occhi di
molte persone. Bisogna che tutti si vadano a presentare al giudice per fare
rapporto dell'accaduto o è sufficiente che lo faccia uno solo? E se ciascuno
dirà tra sè: ci sarà ben qualcun altro che lo farà per me; dovranno essere
tutti puniti per aver pensato così? Si stabilisca piuttosto che se il delitto è
stato commesso all'interno di una casa lo denunci il padrone o il locatario
dell'appartamento o della camera, se è stato commesso per strada il vicino più
prossimo, dopo aver raccolto informazioni presso gli altri vicini: questo sia
dovere di tutti i presenti se il delitto è stato commesso in luogo disabitato,
a meno che uno non si assuma l'incarico di fare il rapporto per gli altri.
Quanto all'altro paragrafo di questa legge che ordina di
rivelare anche i crimini che si sa che verranno commessi, altri vi hanno fatto
sopra, prima di me, delle riflessioni molto giudiziose [35].
Spesso chi è a conoscenza di queste cose ritiene in buona fede
di poter impedirne l'esecuzione con i suoi consigli, le sue preghiere o le sue
minacce e in questa speranza preferisce adoperarsi per prevenire un male ancora
incerto, piuttosto che fare un male certo dando luogo, con una delazione che
può smbrare troppo azzardata, alla rovina di uno o di molti altri. Se
quest'uomo non riesce nel suo intento è forse per questo punibile? Spesso
denunciare è tanto pericoloso che il delatore diviene a sua volta la vittima
del deferito, perchè costui può prendere delle misure per annullare tutte le
prove contro di lui facendo passare il denunciante per un calunniatore [36].
Si stabilisca dunque che chi sa che si sta tramando un crimine
sia obbligato a denunciarlo purchè abbia delle prove sufficienti per
giustificare la sua delazione e che venga punito se in seguito si dimostra che
ha mantenuto il silenzio, nonostante le prove che poteva fornire, a meno che
non dimostri di aver fatto tutto il possibile per distogliere il criminale
dall'esecuzione del suo disegno.
Principi malvagi, ministri corrotti, criminalisti d'animo
servile [37] avrebbero la pretesa di imporre un'eccezione a questa regola per
il crimine di lesa maestà [38].
Se questa specie di individui ascoltasse la ragione, io li
pregherei di considerare che mai è venuto in mente a un buon principe di fare
leggi contrarie all'umanità, all'equità e alla ragione, riguardo al delitto di
lesa maestà: un buon principe non ha nulla da temere dai suoi popoli ed è cosa
naturale per i sudditi attribuire, per quanto possono, ai ministri i fatti
propri del signore; si consideri inoltre che dei ministri corrotti possono fin
troppo abusare di queste leggi per eliminare le persone virtuose, la gente
illuminata, i sudditi più zelanti che sono contrari ai loro vizi. Esaminate
dunque la storia di tutte le nazioni e di tutti i tempi, e vedrete che i
sudditi non hanno mai intrapreso qualcosa contro i loro principi se non per
disperazione o per superstizione. Che i principi smettano dunque di portare al
limite la sopportazione dei loro sudditi, che pongano fine alle superstizioni e
quelli potranno anche tollerare delle leggi tiranniche, che non fanno che
dimostrare la bassezza dei loro autori: infatti tali leggi non produssero mai
altro effetto che questo, poichè i cittadini onesti, quelli ai quali la
moderazione del principe lascia l'uso della ragione, quelli non accecati dalla
superstizione, rispetteranno sempre il loro principe, anche se la legge civile
è difettosa, mentre al contrario coloro che sono fuori di senno per la
disperazione sfideranno sempre anche le leggi più crudeli e la temerarietà di
questi pazzi sarà sempre più intraprendente di quanto non sappia essere
raccapricciante la crudeltà delle leggi. Queste leggi crudeli possono aver
avuto qualche effetto nei tempi nei quali i principi erano così deboli e i loro
generali o i loro primi ministri così potenti che gli ultimi potevano cospirare
contro i primi con qualche speranza di successo. Ma ora tutte le circostanze
sono cambiate poichè il sovrano ha ovunque tutta la forza possibile e i sudditi
non hanno che il diritto, spesso anche molto pericoloso, di fare le loro
umilissime rimostranze. Perciò ai principi non resta null'altro da temere che
il fanatismo o la disperazione di un singolo che tutto solo osi intraprendere
qualche azione orribile: ma contro un tale pazzo ogni legge, per crudele che
sia, è inutile. Principi, distruggete il fanatismo, cercatevi dei ministri
onesti, fate ai vostri popoli il minor male che potete e contate sull'amore dei
vostri sudditi, che vi sarà di garanzia contro ogni iniziativa da parte di
qualche fanatico meglio che tutte le leggi che saprete immaginare [39].
Note
________________________
[1] - Il riferimento alla storia si trova sia nel Beccaria,
Dei delitti e delle pene, cap. I, che in Montesquieu, Esprit des lois, a cura di R. Derathè T. II, Liv.
XXXI, ch. II p. 358, Paris, 1973.
"Il faut éclairer l'histoire par les lois, et les lois par l'histoire.
" A proposito di questo metodo di dimostrazione delle proprie tesi J. J.
Rousseau, Émile, liv. V (Oeuvres complètes, Bibliothèque de la Pléiade, T. IV,
1969, p. 836: "Le seul moderne en état de créer cette grande et inutile
science (le droit positf) eut été l'illustre Montesquieu. Mais il n'eut garde
de traiter les principes de droit politique; il se contenta de traiter du droit
positif des governements établis; et rien au monde n'est plus different que ces
deux études". (n.d.R.)
[2] - Heinecke Johann Gottlieb, Eisenberg 11 maggio 1681,
Halle 31 agosto 1741, professore di filosofia e di diritto a Halle, Frankfurt
a. O. e di nuovo a Halle dal 1733 alla morte. Seguace di Thomasius e Pufendorf
cioè della linea tradizionale nella cultura e nella pratica giuridica tedesca.
(G. Tarello, Storia della cultura giuridica moderna, Bologna, 1976, p. 130)
Heinecke è nominato ne "L'esistenza del diritto naturale" nell'elenco
degli autori che non possono mancare nella biblioteca del giurista. (p. 85)
(n.d.R.)
[3] - cfr. Heineci Syntagma Antiquitatum Romanarum libro 4 c.
18 & 17 (n.d.A.)
[4] cfr. Beaufort, De la Républ. Rom. nel capitolo riguardante
i giudizi (n.d.A.)
[5] - "La république Romaine "par M. de Beaufort à
Paris, 1777, Tom. 6, f. 16" è citato anche più avanti come fonte delle
notizie sulle leggi romane che aboliscono la pena di morte. L'opera è citata
nell'elenco dei libri della biblioteca di Pilati-Conci de Brattia (1805) BCT Ms
n. 2467. La data può servire per una collocazione temporale del
"Plan" (n.d.R.)
[6] Oltre alle fonti citate il P. tiene presenti il. L. XI de
L'esprit des lois, che sviluppa il tema della costituzione romana, e il L. XII
cap. X X (edizione cit. vol I. p. 220), che tratta delle contromisure adottate
contro i falsi accusatori. (n.d.R.)
[7] - L'origine e la storia dei tribunali permanenti
(decemviri litibus judicandis o centumviri) sono trattati da Montesquieu, cit.
XI. 18, Vol. I. pp. 193-194, che a sua volta cita come fonte Dionigi
d'Alicarnasso, L. XI. ) (n.d.R.)
[8] Vedere i due titoli de
accusat. et qui accusare non poss. (n.d.A.)
[9] - L. 17 C. "cod.
accusationis ordinem, jam dudum legibus institutum servari jubemus, ut...
quisquis ille est, qui crimen intendit, in judicium veniat, nomen rei indicet,
vinculum inscriptionis accipiat, custodia similitudinem: (habita tamen
existimationem dignitatis) patiatur, nec impunitam fore noverit licentiam
mentiendi, cum calumniantes ad vindictam postulet similitudo supplicii; voy.
aussi L. 2 § fin. C. de exhibendis reis. "Postquam ad judicem venerit, jus
debebit explorare quaesitum ac tamdiu pari cum accusatore fortuna retineri
donec repererit cognitio celebrata discrimen.(n.d.A.)
[10] - Nel manoscritto si legge: "Allez |à Venise et|
^dans les pais ou cette consuetude est etablie" dove la parola Venise è
prudentemente cancellata. Della consuetudine veneziana delle denunce segrete il
P. nel 1767 aveva avuto esperienza diretta, ma Venezia è citata anche da
Montesquieu("Esprit" V, 8 p. 61 vol I ed cit) "Une bouche de
pierre(nota f: les délateurs y jettent leurs billets) s'ouvre à tout délateur à
Venise; vous direz que c'est celle de la tyrannie. "Il Montesquieu
considera quest'istituzione necessaria in una repubblica aristocratica.
(n.d.R.)
[11] - Anche questa parte, pur leggibile nel manoscritto, è
cancellata dall'autore. (n.d.R.)
[12] - Idem (n.d.R.)
[13] - Questo giudizio costituisce uno degli argomenti
principali sviluppati dal P. nell'opera "Di una riforma d'Italia" e
riecheggia il Montesquieu di "Esprit XVI, 11 p. 178 vol II cit. "Ce tribunal est
insupportable dans tous les gouvernements". (n.d.R.)
[14] - L'espressione "nos pères" (i nostri antenati
) è di Montesquieu L. XXVIII cap. 20 p. 238 II vol. cit. ("Disons donc que
nos pères étaient extremement sensibles aux affronts") riferendosi ai
popoli barbari presso i quali era in uso il "combat judiciaire":
popoli che egli enumera nel cap 18 dello stesso libro (p. 239): Franchi,
Borgognoni Ostrogoti e Lombardi che estesero la consuetudine all'Italia. E'
probabile che proprio i Lombardi siano gli antenati citati dal P. (n.d.R.)
[15] - Tutti quanti conoscono la giurisprudenza dei barbari
del medio evo che non conoscevano altro modo di iniziare un processo criminale
se non l'accusa nè quasi altre prove se non il combattimento. (n.d.R.)
[16] - Il manoscritto porta esattamente: "Au lieu que
|les loix canoniques ne demandoient| la nouvelle jurisprudence ne demandoit que
la bassesse. Dalla parte cancellata si deduce che il P. identifica la nuova
giurisprudenza con le leggi canoniche. Diversa la posizione di Montesquieu che
in Esprit XXVIII, 19 vol. II, p 234 ed anche in altri luoghi (L. I c. 2 e 7,
LII c. 10 e 11) ritorna sull'argomento, attribuendo la fine del combat
judiciaire a "les Etablissements" e all'Ordonnance de S. Luis del
1260. (n.d.R.)
[17] - Procureur général è sinonimo di procureur du fisc o du
roi o de partie publique. Il P. qui riassume il c. 26 L. XXVIII dell'Esprit des lois pp. 264-266,
vol II, ed. cit. (n.d.R.)
[18] - Qui si trova una nota illeggibile dell'autore, ma il
passo cui fa riferimento è L. XXXVIII, c. 36, p. 266, vol. II, cit. "Je
touve dans les lois de Jacques II, roi de Majorque, une creation de l'emploi de
procurateur du roi, avec les fonctions qu'ont aujourd'hui les notres. Il est visible
qu'ils ne vinrent qu'après que la forme judiciaire eut changé parmi
nous.". (n.d.R.)
[19] - Ésprit des Lois L.
6 c. 8 (n.d.A.)
[20] - Discours sur la I
dec. de Tite-Live, L. I. ch. 7. (n.d.A.)
[21] - Montesquieu Ésprit
L. VI, c. 5, p. 86, vol. I, ed. cit.
"Machiavel attribue la perte de la liberté de Florence à ce que le peuple
ne jugeat pas a corps, comme à Rome, des crimes de lése-majesté commis contre
lui: Il y avait pour cela huit juges établis: "Mais, dit Machiavel, peu
sont corrompus par peu. "J'adopterai bien la maxime de ce grand
homme." L'originale è: "Pochi fanno sempre a modo de' pochi". Ma Montesquieu, come
segnala R. Sackleton, Montesquieu and Machiavelli: A Reappraisa
("Comparative Literature Studies, Vol. I, 1964, pp. 1-13) si serve spesso
di edizioni latine: "Ubi pauci judices sunt, facile a paucis corrumpi
queant") o dell'edizione francese del Testard (Amsterdam, 1692) di cui
egli possedeva un esemplare, che si allontana dall'originale: "Le petit
nombre agit toujours comme font les petites compagnies". Sul problema è
esauriente R: Derathé (Note all'Ésprit des lois ed. cit., Vol. I., p. 453)
(n.d.R.)
[22] - Questo termine è
usato da Montesquieu in "L'esprit des lois" L. V, cap. 2, ed. cit.,
per indicare l'aristocrazia in contrapposizione al popolo "Quand le peuple
à une fois de bonnes maximes, il s'y tient plus longtemps, que ce qu'on appelle
les honnetes gens". (n.d.R.)
[23] - Si tratta delle province di Moravia, Slesia, Austria
inferiore e superiore, Stiria, Carinzia, Carniola, Gorizia, Gradisca, Trieste,
Austria anteriore e Galizia, nelle quali nel 1781 andò in vigore la
Civilgerichtsordnung. Proprio il codice procedurale giuseppino ha la
caratteristica di demandare ai giudici in diversi casi e momenti dell'iter
processuale, il potere di agire d'ufficio, senza domanda di parte, accordando
al giudice quello che i vecchi trattatisti chiamavano"potere di
spontaneità". A questo particolare potere sembra si riferisca il P. La
data può servire per collocare temporalmente il Plan. (n.d.R.)
[24] - Ésprit des Loix, L.
8, ch. 8. (n.d.A.)
La citazione in realtà è da L. VI, c. 8, p. 90, Vol. I. ed.
cit.: "A Rome, (voyez la loi 2, § 24, Dig. de Orig. jur. ) il ètait permis
à un citoyen de n'accuser un autre. Cela était ètabli selon l'esprit de la
republique, ou chaque citoyen doit avoir pour le bien publique un zéle sans
bornes; ou cheque citoyen est censé tenir tout les droits de la partie dans ses
mains. On suivit, sous les empereurs les maximes de la republique; et d'abord
on vit parai^tre un genre d'hommes funestes, une troupe de délateurs. (n.d.R.)
[25] - L. I. art. 24
(n.d.A.)
[26] - C. D. ad leg. Jul.
de cul. (n.d.A.)
Questo tipo di critica del Corpus Juris come compilazione
disorganica di leggi di tempi diversi è un luogo comune del'700 e rappresenta
uno dei temi principali nell'opera del P. "L'esistenza della legge
naturale". Cfr. anche Montesquieu "Esprit" XXIX, 17 (n.d.R.)
[27] - Voy. le titre de Sepulch. violato dans les Pandectes
(n.d.A.)
[28] - Voy. les titres de Furtis, et Vi bonor. rapt. dans les
Pandectes. (n.d.A.)
[29] - Cfr Constitutio Theresiana, Art. 28, §15, che il P.
tiene presente quasi alla lettera. "Einem jeden, der einen Uebelthaeter
angiebt, stehet frey, sich oeffentlich fuer die Denuncianten auszugeben; wenn
er aber dieses nicht thut, sondern seine Person verschwiegen zu halten begehrt,
gebueret insgemein dem Richter nicht, auch auf Verlangen des Beschuldigten den
Denubcianten zu offenbaren. Jedoch, jenen Falls, wo sich in der Folge die
Denunciation falsch oder ganz ohne Grund befindet, ist der Richter schuldig den
Denuncianten kundzumachen, damit der zur Ungebuehr Angegebene seine
Entschaedig-und Genugthuung entgegen demselbenersuchen koenne. " (n.d.R.)
[30] - C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, ed. cit. p. 34:
"Quali sono i motivi con cui si giustificano le accuse e le pene segrete?
La salute pubblica, la sicurezza e il mantenimento della forma di governo? Ma
quale strana costituzione è quella, in cui chi ha per sè la forza e l'opinione,
più efficace di essa, teme di ogni cittadino! L'indennità dell'accusatore? le
leggi dunque non lo difendono abbastanza, e vi saranno dei sudditi più forti
del sovrano." (n.d.R.)
[31] - Des Delits et des Peines § 9.(n.d.A.)
[32] - Sistema di accusa anonima, equivalente della veneziana
bocca di pietra, citata anche da Montesquieu Ésprit, L. V c. 8 Vol. I p. 61 ed. cit. "Une
bouche de pierre s'ouvre à tout délateurs à Venise. Les délateurs y jettent leurs billets". (n.d.R.)
[33] - Cfr. Beccaria "Dei delitti e delle pene "cit.
p. 34: "E' già stato detto dal Signor di Montesquieu che le pubbliche
accuse sono più conformi alla repubblica, dove il pubblico bene formar dovrebbe
le prima passione de'cittadini, che nelle monarchie, dove questo sentimento è
debolissimo per la natura medesima del governo, e dove è ottimo stabilimento il
destinare de'commissarii, che in nome del pubblico accusino gli infrattori
delle leggi. Montesquieu Esprit VI, 8 (p. 91 vol. I cit.): "Nous avons
aujourd'hui une loi admirable: cest celle qui veut que le prince, établi pour
faire exécuter les lois, prépose un officier dans chaque tribunal pour
porsuivre, en son nom, tous les crimes." (n.d.R.)
[34] -voy. Cod. Theres. L.
I. art. 24 §4 et suiv. et 28 §4.(n.d.A.)
Il passo della Theresiana
è il seguente: "Es wird aber andurch der Weg zu Entdeckung begangener
Lastenthaten keinrdings abgeschnitten: immassen Jedermaenniglich, der eine
geschehene Misshandlung in Erfahrung bringet, die Frejheit hat, und nach
Gestalt der Sachen (wovon im 28mArtikel von der Denunciation die naehere
Ausmessung beschiedet) bey sonst auf sich ladender Verantwortung verbunden ist,
eine vorgegangene Uebelthat mit allem ihme bewussten Umstaenden absogleich bey
der Gerichtsgehoerde anzuzeigen, und Behelffe and die Hand zu geben. Wo sodann
der Richter, wenn genugsame Innzùchten gegen den ausgegebenen Thaeter
vorkommen,, seinen aufhabenden Pflichten gemaess Sorge zu tragen hat, entweder
mit der Inquisition rechtlicher ordnung nach von selbst fùrzugehen, oder
bewandten Umstaenden nach das weiter-noetige vorzukehren, damit von jener
Stelle, der es nach der Landesverfassung zustehet, der rechtliche
Anklagungsprozess entgegen den Missethaeter veranlasset werde. In all-dessen
Anbetracht nicht zu misskennen ist, dass die sich ergebende Malefizfaelle viel
foerderlicher, Rechtsbestaendiger und gewissenhafter durch richterliche
Amtshandlung, auch durch willkùrige Privat-Anklagen gerechtvertiget werden
moegen.
Art 28 § 4.
"Nothwendig ist selbe weiters, und zwar fùr allgemein in Absicht auf jene
Missethaten, welche nach unseren Gesetzen eine Todes-oder schwerere
Leibsstraffe auf such tragen, und eben von darumen als groessere, somit dem
Staat um desto schaedlichere Misshandlungen nicht zuverschweigen, und andurch
der Straffe zu entziehn sind. Wir wollen demnach durch diese Unser
Gesetzgaebige Verordnung wovon bereits oben Art. 24 §4. einige vorlaufige
Anerwehung beschehen, allen Unseren Untrtanern, und Landesinsassen,
sonderheitlich aber den Grundobrigkeiten, Gemeindevorstehern, und
obrigkeitlichen Beamten hiemit alles Ernstes auferlegt haben, dass selbe,
sobald sie eine begangene Missethat von vorbemeldter Beschaffenheit in
Erfahrung bringen, ei solche alsogleich, und ohne Verschub nebst dem etwann
wissentlichen Thaeter, und allen Umstaenden bei den behoerigen Halsgericht,
oder allenfalls, da dieses zuweit entfernet waere, bey ihrem ordentlichen
Gerichtsstand zur weiteren Kundmachung an das betreffende Halsgericht anzugeben
verbunden seyn sollen, damit solchergestalten die Inquisitionen desto
verlaesslicher, gescwinder und wirksamer vollfùhret werden moegen. "
(n.d.R.)
[35] - Per tutti
Montesquieu, Esprit, L. XII, c. 11, vol. I, p. 212,
ed. cit.: "Les lois ne se chargent de punir que les actions
extérirures" "Il faut que la pensée soit jointe à quelque sorte
d'action" (n.d.R.)
[36] - Quando si fece il processo a Cinqmars, che aveva
cospirato contro lo stato, il cardinale di Richelieu volle che il figlio del
famoso presidente de Thou fosse trattato come Cinqmars, perchè aveva visto la
cospirazione e non l' aveva rivelata. " Ma se de Thou avesse allora
denunciato i cospiratori-dice M. de Voltaire nei suoi commentari sul trattato
dei delitti e delle pene- non avrebbe avuto prova alcuna contro di loro:
sarebbe stato smentito dalla negazione dell'erede presuntivo della corona, da
quella di un principe sovrano e di un favorito del re ed infine dalla pubblica
esecrazione e si sarebbe esposto ad essere punito come un basso calunniatore.
Il cancelliere Séguier stesso ne era convinto confrontando de Thou con il
grande scudiero. Fu in questo confronto che de Thou disse a Cinqmars.
Ricordatevi
Monsignore che non è passato giorno senza che io vi avessi parlato di questo
trattato per dissuadervi. Cinqmars riconobbe questa verità. De Thou avrebbe
quindi meritato una ricompensa piuttosto che la morte, davanti al tribunale
dell'equità umana: avrebbe almeno meritato che il cardinale de Richelieu lo
risparmiasse; ma l'umanità non era la sua virtù De Thou non era colpevole nè
davanti a Dio nè davanti agli uomini. (n.d.A.)
L'episodio è tratto da Voltaire, Commentario sul libro
"Dei delitti e delle pene" in "Scritti politici" (a cura di
R. Fubini) Torino 1963 p 633. Si tratta di un complotto ordito dal fratello del
re Luigi XIII, presunto erede al trono insieme con il grande scudiero d'Effiat
Cinqmars e con il duca di Bouillon, principe sovrano di Sedan. La cosa fu
riferita al consigliere di stato Agostino (François Auguste) de Thou il quale
andò a trovare Cinqmars per dissuaderlo. Questo evento storico è usato da
Voltaire per criticare la legge di Luigi XI che puniva con la morte chi era a
conoscenza di una congiura, mentre il P. lo estende alla delazione in generale.
L'episodio è citato anche da Montesquieu, Esprit, XII, 8, che cita come fonte i
Mémoires di Montresor (Colonia, 1723, t. I, p. 238). (n.d.R.)
[37] - I criminalisti che andavano per la maggiore nel'700
erano Benedict Carpzov (1595-1660): Practica rerum criminalium e Prospero
Farinacci (1544-1618): Praxis et Theorica criminalis. Su questi due repertori
criminali vastissimi si basavano gli avvocati per i loro cavilli. Cfr. anche
più avanti. (n.d.R.)
[38] - Argomento ampiamente trattato da Montesquieu, Esprit,
XII, 8, p. 209, vol. I. ed. cit. In parte ispirandosi a Montesquieu, il P.
scrive qui l'unico passo a carattere politico-costituzionalistico del Plan.
Infatti egli dimostra che il crimine di lesa maestà dipende dal comportamento
del principe, cogliendo l'occasione per tracciare il quadro del "bon
prince" ispirato a ideali di umanità, equità e ragionevolezza e degli
idillici rapporti di tale sovrano con i suoi sudditi: la rappresentazione è
sostenuta dall'esperienza che fornisce la storia, secondo una concezione aristotelica
che è adottata anche da Montesquieu: egli, rifacendosi a Domat, vede nel
deposito di esperienza dei secoli un deposito di ragione. (n.d.R.)
[39] - Il quadro che il P. fa della monarchia assoluta del 700
presenta delle ombre critiche che lo distinguono dagli illuministi
contemporanei, entusiasti sostenitori del dispotismo illuminato. (n.d.R.)
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